Attacco Ransomware in Italia: facciamo chiarezza

Da ieri tutte le principali testate giornalistiche sono in pieno fermento: un massiccio attacco hacker, tramite un virus ormai tristemente noto alla cronaca odierna, il Ransomware, pare stia mettendo in ginocchio il globo, compromettendo migliaia di server e creando il panico tra le aziende.

Ma è davvero tutto così drammatico, oppure no? Vediamo di fare un po’ di chiarezza.

L’attacco Ransomware

La verità purtroppo (o per fortuna) è ben diversa rispetto a quanto echeggiato nei quotidiani, anche se in fondo questo fatto di cronaca ha rimesso in luce per l’ennesima volta, una realtà decisamente poco confortante: la cybersicurezza nel nostro paese è ancora un tema terribilmente sottovalutato nelle aziende, come già affrontato nel nostro precedente articolo.

La sicurezza informatica, infatti, troppo spesso non viene considerata come una priorità e ad essa sono riservati budget di investimento minimi se non nulli, con la convinzione che sia meglio assumere un atteggiamento di mitigazione del problema qualora si dovesse verificare un attacco, anziché adottare dei sistemi di prevenzione efficaci.

Ed è proprio il caso di questo nuovo attacco: una vulnerabilità nota da ben 2 anni che non è mai stato “patchata” da moltissime aziende che ora si vedono costrette a correre ai ripari, salvando il salvabile. Ma analizziamo meglio i fatti.

Cosa è accaduto realmente

Lo scorso 4 febbraio in Italia, l’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale diffonde un alert relativo al propagarsi di attività malevole che sfrutta la vulnerabilità CVE-2021-21974 dei server VMware ESXi.

Un alert come molti altri, che tuttavia, viene ripreso il giorno successivo dalla stampa del Belpaese come un eco smisurato, in particolar modo a fronte delle poche decine di server compromessi in Italia. Ma non solo.

Il fatto più sconcertante è che questa vulnerabilità, sfruttata dagli hacker, era già stata analizzata e corretta da VMware, addirittura nel febbraio 2021.

La mancata correzione della vulnerabilità ha quindi permesso agli hacker di sferrare l’ondata di attacchi registrata nel weekend.

Alcune riflessioni sulla vicenda

Nessun allarmismo, dunque, ma la vicenda ha permesso di elaborare 3 interessanti riflessioni:

  1. La cybersicurezza (e non finiremo mai di ripeterlo) DEVE essere considerata una priorità in azienda e deve saper completare il business per creare valore. Necessita di un budget appropriato, di strategie ben definite e di risorse di finanziamento sufficientemente adeguate.
  2. Le patch devono essere applicate, o quantomeno, è necessario implementare dei meccanismi affiché i sistemi più sensibili non vengano esposti alla rete. Nel momento in cui, per mille ragioni diverse, si decidesse volontariamente di non correggere delle vulnerabilità già note, occorre anche prendere coscienza che si sta esponendo i propri dati a potenziali attacchi malevoli, pagandone poi il prezzo.
  3. Concludiamo con un fattore positivo, in tutta questa articolata vicenda: in caso di necessità, come in questo caso, si è assistito ad una forte collaborazione tra professionisti della security, che hanno messo a fattor comune le proprie conoscenze e competenze per sanare il problema.

Conclusioni

Il Ransomware, dunque, resta il malware più diffuso ed “efficiente” dei giorni nostri, ma è possibile mitigarne gli effetti più gravi, in primo luogo, attraverso una maggiore consapevolezza nei confronti dei rischi informatici.
È fondamentale avere una visibilità completa delle proprie risorse critiche e mantenere il controllo di quelle più esposte alla rete, impiegando gli strumenti difensivi adeguati in grado di prevedere, rilevare, bloccare e affrontare ogni possibile minaccia.

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